LA CORTE D’APPELLO DI LECCE “RESTITUISCE” DUE MINORI ALLA MADRE LEGITTIMA
Dopo una segnalazione equivoca e 6 anni di collocamento, prima presso una casa-famiglia brindisina, e poi presso una famiglia eterologa, i figli potranno gradualmente ritornare a casa.
“Raggiunto un esito tanto agognato quanto soddisfacente, che chiude una vicenda “storica” e processuale abnorme, caratterizzata da un percorso lungo e impervio”. A sottolinearlo è una dichiarazione dell’Avv. Salvatore Donadei, a seguito della decisione dello scorso 10 maggio 2022, e notificata in queste ore, con cui cui la Corte d’Appello di Lecce, in riforma dell’impugnata sentenza, ha revocato la dichiarazione dello stato di adottabilità, precedentemente emessa dal Tribunale per i Minorenni di Lecce, nel luglio 2020.
I Giudici di secondo cure, invero, hanno accolto l’appello proposto dal Presidente onorario della Camera Civile Salentina, nell’interesse della madre naturale e legittima, cui diamo il nome di fantasia di Maria, ritenendo, in considerazione dei riferiti principi CEDU ( sono state richiamate, infatti, le sentenze CEDU del 13.1.2015, S.H, vs ITALIA, del 12.08.2020, E.C. vs ITALIA, e del 22.06.2017, Barnea e Caldaranu vs. ITALIA, che informano sulla ravvisabilità di una violazione del diritto al rispetto della vita familiare, sancito dall’art. 8 della Convenzione, in tutte le ipotesi in cui sia previsto, per situazioni di difficoltà nell’esercizio della capacità e responsabilità genitoriale, come unica soluzione, la rottura del legame familiare mediante l’adozione, senza la preventiva verifica della praticabilità di altre soluzioni, idonee, invece, a salvaguardare sia l’interesse dei minori che il legame familiare) inesistente alcuna situazione di abbandono, ed altresì inesistente una situazione di violenze ed abusi ai danni dei minori Fabio e Luigi (nomi di fantasia) . «Allo stato, anche alla luce degli eventi sopravvenuti, la struttura di personalità dell’appellante, accertata mediante un’approfondita indagine tecnica e psicodiagnostica – rinnovata in appello –, non preclude l’esercizio di una sufficiente capacità genitoriale. E’ possibile pertanto ritenere che le pregresse condotte pregiudizievoli per i minori tenute dall’appellante siano riconducibili a difficoltà transitorie, legate al trauma della repentina perdita del marito, all’assenza di un lavoro, nonché alla mancanza di una efficace rete familiare di protezione, difficoltà che, anche alla luce della attuale positiva evoluzione della situazione esistenziale, affettiva e lavorativa della stessa, ben potrebbero essere superate attuando un congruo percorso di sostegno psicologico con l’aiuto ed il monitoraggio dei Servizi Sociali e del Consultorio familiare. In definitiva, quindi, (…) non trova giustificazione la soppressione di ogni possibilità, per l’appellante, di riallacciare i legami con i figli, se pure non immediatamente, quantomeno all’esito di un congruo percorso di sostegno e di recupero del rapporto genitoriale, da attuarsi nel contemperamento delle esigenze di tutela dei minori, senza che ciò costituisca pregiudizio al percorso evolutivo degli stessi». “Questa vicenda – aggiunge il noto Avvocato salentino – assume carattere paradigmatico delle controverse dinamiche e delle differenti sensibilità, che sono spesso alla base dei procedimenti di che trattasi, incardinati con fin troppa “leggerezza” e condotti con un parossismo istruttorio, che mal si conciliano con l’equilibrio e l’attenzione che, più di ogni altro sentimento, dovrebbero sempre accompagnarli. Insomma tutto è bene quel che finisce ben ma, teniamolo tutti bene a mente, fin dai tempi del De officiis di Cicerone, “summum ius, summa iniuria”