RIZZO LATERALE
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UN INFORMATICO NERETINO FAREBBE PARTE DELLA “MAFIA” DELLA CAPITALE

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Il neritino compare nel lungo elenco degli arrestati ed occupa un posto di primo piano nella creazione di alcune tipologie di giochi d’azzardo.

Un esperto informatico neritino di 32 anni, G.D.A., invischiato in una storia che affonda le radici nella storica e implacabile mala romana, “imparentata” persino con la banda della Magliana.

Il gip del tribunale di Roma, Vilma Passamonti, ha emanato 41 provvedimenti di custodia cautelare. Il “numero uno” della lista, in tutti i sensi, è il “Re di Roma”, arrestato all’alba.

Si tratta di Salvatore Nicitra, originario di Palma di Montechiaro, Agrigento, radicato a Roma, uno dei capi della Magliana e legato a Cosa Nostra. Nel 1993 il figlioletto Domenico, 11 anni e lo zio, furono uccisi da sanguinosi rivali e i corpi non furono mai ritrovati.

Il padrino era amico in affari di Enrico De Pedis, capo indiscusso della Magliana. Si era conquistato, a suon di affari con la droga e gioco d’azzardo, il suo “regno”: Casalotti, Primavalle, Montespaccato, Cassia, Monte Mario, Aurelio.

Il neritino compare nel lungo elenco degli arrestati ed occupa un posto di primo piano nella creazione di alcune tipologie di giochi d’azzardo vietati dalla legge. Gli investigatori, infatti, ritengono che sia stato proprio il giovane uomo di Nardò ad “importare” nel territorio romano una nuova attività rivelatasi illecita e molto apprezzata dal capo della banda: quella della gestione di giochi attraverso un dominio internet .com, registrato a livello internazionale così da sfuggire ai controlli dei Monopoli di Stato.

Nicitra, il capo dell’organizzazione e soprannominato “l’ingegnere”, si rapporta spesso con il neritino il cui nome compare molte volte nelle intercettazioni e con il quale risolve problemi tecnici riguardanti i conflitti del software e la gestione delle carte di credito. Discussioni che rendono l’idea dei notevoli profitti guadagnati “in nero” dall’organizzazione. In una occasione Nicitra e il neritino discutono sull’arrivo di prodotti illeciti da installare e anche del costo degli stessi con il “boss” irritato dai 1500 euro cadauno richiesti dal neritino che è assistito dagli avvocati Giuseppe Bonsegna e Ladislao Massari.