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MASSERIA BONCURI – ECCO L’ASSOCIAZIONE CHE HA AVUTO LA RESPONSABILITÀ DI BONCURI FINO AL 31 MAGGIO

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Dopo la decisione di non continuare la gestione della masseria Boncuri, i fatti accaduti negli ultimi due mesi dimostrano che le nostre previsioni sul circo dell’accoglienza estiva si sono rivelate, purtroppo, più che realistiche.

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Avremmo preferito di gran lunga avere torto e constatare una situazione in cui i diritti umani sono rispettati ed in cui un’accoglienza degna viene riservata ai lavoratori, ma nonostante la non negabile volontà da parte delle istituzioni di affrontare la questione, i miglioramenti da ottenere sono ancora molti. Tanti i riflettori mediatici puntati su quello che avviene e la situazione della masseria e della tendopoli è nota a tutti oramai, e noi ci esprimiamo solo adesso, con dati certi alla mano, raccolti con la nostra presenza costante sul campo e forti dei riscontri che abbiamo e che vengono dall’unico nostro riferimento, i lavoratori stagionali migranti. E’ solo a loro che vogliamo dare voce: “Parlate con noi, non parlate di noi” l’unico modo che riteniamo valido per intervenire in questi contesti. Per questo motivo, abbiamo iniziato ad organizzarci insieme ai lavoratori stessi nella forma dell’assemblea, avvenuta lunedì 31 luglio alle 12.30 tra le tende e sotto gli alberi del campo di accoglienza. Durante l’assemblea sono emersi gravi problemi che tuttora persistono e ai migranti sono stati spiegati i provvedimenti che la Prefettura ha adottato per affrontare nel miglior modo possibile la stagione estiva ma che loro stessi, pur essendone i beneficiari, non conoscevano ancora perché nessuno glieli aveva comunicati. Tante sono le questioni che i ragazzi lamentano: dalle visite mediche non approfondite, giudicate come visite solo formali, soprattutto quelle volte a certificare lo stato di salute ai fini lavorativi, ai servizi igienici quasi inesistenti, ci sono infatti solo quindici bagni per quattrocento persone, che vengono puliti circa una volta ogni dieci giorni e che sono diventati delle latrine maleodoranti in cui è impossibile anche solo entrare. Inoltre, la gestione della tendopoli è inesistente e gli ospiti del campo non sanno a chi rivolgersi per i vari problemi, infatti l’ente gestore di Boncuri è responsabile della sola struttura della masseria e questo crea ovvie tensioni tra gli stessi migranti, che non possono neanche ricevere una bottiglia d’acqua dall’interno della masseria stessa, essendo le risorse a disposizione solo per i sedici che ci vivono dentro. Le tende, le coperte, i letti non bastano per tutti e ci si accampa come meglio si può, dormendo per terra anche all’interno dell’immobile. Almeno venti le persone che non hanno neanche un materasso a disposizione. Anche i beni primari fondamentali, come cibo ed acqua, rappresentano una grave carenza. É a loro disposizione una cisterna con dell’acqua potabile che diventa imbevibile dopo le dieci di mattina a causa del caldo. Anche il cibo è difficile da reperire e spesso i ragazzi si nutrono di sola anguria, che evidentemente non è sufficiente al sostentamento di una persona adulta, specialmente se questa svolge due turni giornalieri di lavoro in campagna. Questa assenza totale di servizi li costringe a spostarsi in città diverse volte al giorno, senza mezzi adeguati per la strada che, come noto a tutti, è alquanto pericolosa da percorrere a piedi o in bici. Il Comune di Nardò proprio in questi giorni sta mettendo a disposizione, secondo quelle che sono le indicazioni della Regione Puglia e grazie ai fondi da essa stanziati, dei container climatizzati ma quello che i lavoratori vorrebbero capire è, però, quando saranno disponibili dato che la stagione di raccolta è ormai quasi terminata e soprattutto secondo quali criteri i container saranno assegnati. Infine, una necessità per niente di poco conto, è quello di uno spazio a disposizione per pregare dignitosamente, infatti adesso si prega su un tappeto fatto di cartoni posizionato dietro alle tende. Questo è quello che ci è stato riportato, che abbiamo visto e che abbiamo il dovere di comunicare a nostra volta alla città. Ovviamente, quanto emerge è che i problemi non sono del tutto risolti e l’accoglienza non è ancora degna, oltre al gravissimo fatto che la masseria è ancora il punto focale di reclutamento dei lavoratori da parte dei caporali, come noto anche dalle cronache degli ultimi giorni. Sfruttamento e abbandono è quello che si respira nelle campagne, esattamente come ogni altro anno. Non ci interessa intervenire nelle varie polemiche cittadine, ci siamo tirati fuori dai tavoli tecnici perché il modo in cui sono stati portati avanti ci ha portato ad avere una totale mancanza di fiducia soprattutto per le modalità di approcciarsi al problema che, come ben sappiamo, è tutto tranne che emergenziale. Ci auguriamo, tuttavia, che le soluzioni proposte ultimamente saranno veramente messe in atto, con il solo fine di rispettare la dignità umana e non di ottenere mera pubblicità e dare un’immagine perfetta delle cose ma che in realtà è solo di facciata. Ci auguriamo che la storica sentenza del processo Sabr, che mette nero su bianco che nelle nostre campagne ESISTONO la riduzione in schiavitù e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, possa essere una svolta verso un ascolto vero ed un intervento incisivo da parte di chi di competenza. Siamo stanche e stanchi di vedere che ogni anno tutto si muove ma niente cambia, sono stanchi i migranti di vedere che quasi nessuno parla con loro, se non in presenza di telecamere puntate in faccia e senza chiedere il loro permesso e la loro opinione. Diritti a Sud è fuori da ogni logica di intervento assistenzialista o colonialista ed è lontana anni luce da qualsiasi forma di strumentalizzazione politica e svolge ogni giorno il proprio lavoro, che forse è come una goccia nell’oceano, ma continuando a credere fermamente che il cambiamento vero possa venire solo dall’organizzazione dal basso delle lavoratrici e dei lavoratori delle campagne, degli invisibili, degli ultimi, dal mutuo soccorso, dall’agroecologia e dall’agricoltura naturale e solidale e dall’impegno condiviso che elimina le fuorvianti differenze tra “noi” e “loro”. Noi eravamo nel ghetto insieme ai migranti e continuiamo ad essere dove dobbiamo stare. Accanto a loro, in mezzo a loro e con loro.

Associazione Diritti a Sud

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