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BONTÀ DELLA TAVOLA E STRUMENTO DI MARKETING, IL CECE DI NARDÒ È PAT

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Il cece di Nardò, legume di particolare squisitezza tipico dell’agro neretino, entra nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (Pat) riconosciuti dall’Unione europea.

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Cece di Nardò 2L’importanza di questo riconoscimento e i possibili benefici che potranno derivarne sono stato oggetto di una conferenza stampa oggi a Palazzo Personè. Come ha spiegato l’esperto e gastronomo Massimo Vaglio, la storia del cece di Nardò comincia nei terreni alluvionali dell’area dell’Arneo, dove cresce tra i filari di vigneti e dove le famiglie concentravano piccole produzioni per uso personale. Tondo, color bianco sabbia opaco, è facilmente distinguibile da altre varietà che invece si somigliano molto ed è un prodotto di facile cottura. Sulle nostre tavole siamo abituati a vederlo associato alle verdure o alle tradizionali laiane e pane fritto. L’elenco dei Pat comprende prodotti che per tradizione e genuinità meritano di essere diffusi e conosciuti e che sono il segno tangibile della nostra tradizione in termini di sapori e saperi. Non a caso, le oltre cinquemila specificità locali ricomprese nell’elenco sono state riconosciute “espressione del patrimonio culturale italiano”. La filiera “Food” di Laica (associazione di imprese e professionisti con sede a Lecce) ha curato l’istruttoria presso gli uffici regionali dell’iter per il riconoscimento del cece di Nardò, in collaborazione con l’associazione Verdesalis e proprio con Massimo Vaglio. Il cece di Nardò è l’ennesimo prodotto salentino che va arricchire il patrimonio nazionale delle tipicità agroalimentari codificate, che hanno consentito in molti casi una enorme visibilità ai territori e alle città di provenienza, come ad esempio i pomodori di Pachino, il pistacchio di Bronte o la cipolla di Tropea. “Nell’epoca della massificazione, purtroppo anche alimentare – ha evidenziato Roberto Fatano, presidente di Laica – la valorizzazione delle nostre specificità territoriali a lungo dimenticate e della biodiversità è la strada per tutelare l’identità, per promuovere il territorio e per fare reddito. Dobbiamo portare questi prodotti sugli scaffali dei nostri supermercati e non importarli dalla Turchia, dal Messico o dai Paesi del Mediterraneo. Negli ultimi decenni questo territorio ha perso la propria identità, ma siamo in tempo a recuperare. Il riconoscimento del “cece di Nardò” e di altre specificità è il primo passo, ma ora bisognerà lavorare sulla filiera, con l’aiuto di tutti”. “Complimenti a Nardò che ha difeso la propria pluralità – ha aggiunto Davide Montefrancesco, responsabile della filiera “Food” di Laica – che è quello che serve in questo momento. I Pat sono un punto di partenza, ma occorre adesso fare il resto”. “Pensiamo che questa sia l’occasione per un concreto patto sociale e istituzionale sull’agricoltura naturale – hanno puntualizzato Gianni Casaluce e Ivano Manca dell’associazione Verdesalis – che ha una valenza etica, ma anche economica. Partiamo dal “cece” e dai piccoli produttori e guardiamo al futuro di questo settore”. “Grazie a tutti – ha detto il sindaco Pippi Mellone – per l’impegno che ci avete messo e il lavoro che avete fatto per giungere a questo riconoscimento, un piccolo e significativo passo in avanti per la nostra città. L’ingresso nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali del nostro “cece” apre naturalmente scenari invitanti sia sotto il profilo della promozione della città e del territorio, sia sotto quello tecnico della filiera. Su entrambi i fronti l’amministrazione comunale sarà in prima linea”. “Siamo contenti – ha spiegato invece l’assessore alle Attività Produttive e Agricoltura Stefania Albano – perché in questo modo uno dei nostri prodotti tipici potrà essere tutelato e valorizzato in maniera evidentemente più incisiva. E poi perché credo che il “cece” possa essere il pretesto positivo per ogni tipo di discorso che riguarda l’agricoltura naturale”. “Quei territori – ha rilevato il consigliere regionale Cristian Casili – che sanno caricare di significati storici, sociali e culturali i propri prodotti, hanno ricadute economiche importantissime. Perché è un fatto decisivo che i prodotti esprimano l’identità della gente e dei luoghi”.

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