EUTANASIA E MORALE
Di Maria Chiara Calabrese
Non è la prima volta che Marco Cappato, tesoriere della fondazione Luca Coscioni, finisce sotto i riflettori di un’Italia pudica e castigata per aver aiutato persone gravemente malate a porre fine alle proprie sofferenze.
È stata Elena, una signora di 69 anni della provincia di Venezia, affetta da una grave patologia oncologica, a farsi accompagnare da Cappato in quest’ultima settimana, in Svizzera per accedere al suicido assistito.
Già nel 2017 Cappato ha dovuto far fronte a diverse accuse per aver aiutato Fabio Antoniani, noto a tutti come dj Fabo e rimasto tetraplegico in seguito a un incidente stradale, a porre fine alla propria vita, in Svizzera.
Parlare di suicido assistito sembra ancora un tabù in Italia.
Alle pubblicità dai modi semplificati che turbano tanto l’opinione pubblica, e ai dibattiti fortemente ideologizzati, bisogna sostituire con informazioni chiare e precise sui problemi psicologici del fin di vita, del dolore e della disperazione.
Bisogna responsabilizzare le persone che hanno il diritto di scegliere in piena coscienza del proprio destino, coinvolgere i famigliari, rassicurando che la legge stabilisce con precisione quali sono i limiti e i confini all’interno dei quali l’eutanasia è praticabile.
Ricordando che l’Eutanasia ( dal greco, “bella morte”) è un diritto, un dovere morale praticarla, e non l’asso nella manica da tirare sul tavolo di un 25 settembre sempre più maturo.
GIOVANI penne NERITINE CRESCONO – IN FOTO:Maria Chiara Calabrese